venerdì 6 aprile 2012

Un lavoro particolare

 Il ventilatore acceso faceva girare le sue eliche a velocità moderata muovendo l'aria fresca della stanza.
Lei se ne stava seduta su una sedia di legno ben rifinita.
Aveva indosso il suo abito migliore, dal taglio elegante e scuro, i capelli ramati erano raccolti in un'acconciatura curata, aveva lasciato appositamente qualche ciocca libera, così da contornarle meglio il viso bianco e leggermente truccato.

Se ne stava lì, su quella sedia ad attendere.

La porta alle sue spalle si aprì, lei rimase immobile, irrigidendo la schiena e tenendo le braccia lungo il busto, facendo cadere le mani fine sulle ginocchia.

L'uomo che le si presentò davanti era giovane e dall'aspetto curato.
Si sedette al di là della scrivania, proprio di fronte a lei ed iniziò a leggere ciò che c'era scritto su dei fogli lasciati lì in precedenza.
Non aprì bocca, neanche la guardò.

Seduta su quella sedia la giovane donna non riusciva a restar ferma, il piede destro iniziò a battere velocemente sul parquet, il corpo si trasformò pian piano in una lastra di marmo.
Le mani si avvicinarono l'una con l'altra stringendosi quasi in preghiera, gli occhi chiari cominciarono a chiudersi ed aprirsi con più frequenza.
Il sudore freddo iniziò a scorrerle lungo la schiena.

L'uomo se ne stava lì, seduto sulla sua sedia di pelle, in silenzio, con gli occhi bassi continuò a leggere muovendo impercettibilmente le labbra.
Lei sospirò lentamente, le mani, sempre più giunte, presero un colore scarlatto.
Continuò a guardare oltre quella scrivania, speranzosa.
Il giovane d'un tratto abbandonò i fogli e con uno scatto si mise in piedi facendo cadere all'indietro la sedia.
Il tonfo fece sobbalzare la ragazza, che rimanse sempre seduta al suo posto, composta ed ansiosa.

L'uomo la guardò, prese i fogli, scostò la sedia con la gamba sinistra e si avviò verso la porta, senza dire nulla.

La porta si chiuse facendo tremare il vetro smerigliato che le era stato impiantato.

Lei rimase lì, seduta su quella sedia, immobile.
Abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi ed iniziò a respirare a bocca aperta, deglutì più volte e si asciugò la fronte con la mano.
Si tirò sù continuando ad ansiamare, girò la testa a destra, a sinistra... era uno studio come tanti.
Libri, infiniti dvd, cancelleria, locandine artistiche, tutto sembrava nella norma, non doveva temere, dopo tutto aveva passato un mese di selezione spietata, ora che si trovava ad un passo dalla risposta non poteva di certo cedere a causa dell'ansia.

Le spalle si distesero e poggiò la schiena dolorante sullo schienale, allentò le mani sudate e rosse e la vide... un taglio sul palmo della mano sinistra, ancora non cicatrizzato del tutto. L'accarezzò con le dita, era ruvida e non pulsava più.
Dietro la porta alle sue spalle un ombra e un rumore... forse un respiro.
Lei chiuse a pugno la mano e guardò la finestra che le stava davanti, ciò che vedeva erano i fumi della città e il crepuscono.

Ora si era calmata un po'.

Oltre la porta un rumore, qualcuno stava battendo qualcosa sul vetro della porta?
La ragazza non osò girarsi... trattenne il respiro, cose se in quel modo potesse ascoltare meglio ciò che stava accadendo, si sitrinse nuovamente le mani, lanciò uno sguardo alla borsa lasciata a terra, al suo fianco e attese....una strana sensazione scese in quella stanza così normale.

Il picchiettare continuò, un suono metallico contro un vetro troppo poco resistente.
Era insopportabile.
La giovane avrebbe voluto coprirsi le orecchie, ma non lo fece, era impietrita.

Il picchiettare divenne più intenso e veloce e terminò di scatto.
Lentamente la maniglia d'ottone scattò.
La porta si aprì silenziosa e qualcuno fece ingresso nello studio, in silenzio.

Lei continò a guardare la finestra mordendosi il labbro inferiore, facendo penetrare le unghie sul dorso delle mani, era all'erta.

La porta si chiude. La stanza rimase immersa nel silenzio. Lei non riuscì a vedere dal vetro chi fosse, ma riuscì a sentire la sua presenza.
I passi erano lenti, regolari. Riuscì a sentire la suola delle scarpe di gomma, come se fossero scarpe ginniche, le sentiva stridere al contatto con il legno.
.
Dietro di lei qualcuno.
Una mano si poggiò sulla sua spalla sinistra facendola sobbalzare, ma rimase immobile, ad osservare la città.

‎La stretta della mano sulla spalla della ragazza divenne più lieve sino ad allentarsi.
Il respiro del suo ospite era quasi impercettibile.
Poi sentì il rumore delle suole, questa volta più veloci e più lontane.
Lei rimase seduta, scostò un po' il volto, ma non vide nessuno al suo fianco.

Sospirò, sollevata.

Nuovi passi fecero ingresso nella stanza. Erano più pesanti e più distinti, ora lo potè vedere.

L'uomo che pochi minuti prima era uscito coni fogli in mano, ora le stava nuovamente davanti.
Questa volta sorrideva.

Raccolse la sedia, ma rimase in piedi.
Buttò sulla scrivania una cartellina di carta giallo sbiadito.

Si schiarì la voce e finalmente parlò: << Signorina, la sua richiesta è stata accettata e sarà presa in considerazione da uno dei nostri migliori collaboratori.
Per ora è tutto. Questa è la vostra richiesta firmata e controfirmata.
Qualcuno dello studio si farà vivo il prima possibile. Detto questo le auguro una buona giornata>>

L'uomo non attese la giovane alzarsi. Disse quelle poche parole e si diresse verso l'ingresso dello studio e scomparve.
La ragazza rimase lì. Ancora seduta, ora più rilassata. Le spalle non più rigide.
Mosse lentamente i piedi intorpiditi, poi allungò un po' le ginocchia e si alzò stirandosi la schiena.
Fuori le luci della strada si erano già accese e il sole quasi scomparso.

La giovane si riavvivò i capelli ramati, imprigionati tra forcine, elastici e lacca; prese la cartella da sopra la scrivania e la borsa lasciata a terra.
Uscì chiudendo la porta a vetri alle spalle.

Percorse velocemente il lungo corridoio dalle pareti scarlatte e tappezzate di locandine e foto, non rimase un minuto di più a contemplarle, come fece al suo arrivo. Scese le scale dello stabile e finalmente raggiunse il portone d'ingresso.

Salutò cordialmente il portiere seduto oltre il banco di marmo, lui ricambiò con un movimento lento della mano e tornò alla visione del suo film.

Si trovò sul marciapiede. L'aria era più umida fuori.
Un gruppo di ragazzi stava leggendo gli annunci sulla bacheca posta fuori dallo stabile.

Lei sorrise amaramente e strinse forte a se la richiesta accettata e firmata.
Era felice. Finalmente aveva un lavoro.
Guardò tristemente l'asfalto, finalmente aveva un lavoro... dopo tutto quello che aveva fatto per ottenerlo.
Mise la cartellina nella borsa e percorse velocemente la via cercando le chiavi dentro la borsa.
I tacchi risuonavano vuoti sull'asfalto scuro.

Fece scattare l'apertura automatizzata ed entrò.
Sospirò più volte, pianse.
Abbassò lo specchietto di cortesia e si guardò, una donna dagli occhi chiari e lucidi, il trucco colato e la fronte sudata.

Poi vide la fotografia, la prese con mano tremante, sì erano stati felici, molto felici, ma ora la vita le stava dando una nuova opportunità, un opportunità che lui non ha voluto cogliere per causa sua.

Accese la macchina, abbassò il finestrino, accarezzò la foto e la buttò fuori dall'abitacolo.

Ora iniziava una nuova vita. Sospirò e rimase ferma, con la macchina in moto e gli occhi chiusi.

TIC TIC TIC TIC!

Nuovamente quel rumore... il metallo e il vetro... le raggelò il sangue.
Aprì gli occhi.
Il rumore continò, qualcuno stava battendo una chiave forse ,sul finestrino posteriore.

TIC TIC TIC!

Inziò a sudare nuovamente, ma questa volta non era tensione, o ansia, ma terrore.
Aveva già sentito questo rumore e sapeva alla perfezione il suo significato, l'aveva provocato anche lei mesi prima.
Non si capacitava come fosse possibile, aveva la lettera nella borsa, l'aveva vista, l'aveva letta?
No!


Aprì immediatamente la borsa e prese la cartella, strappò la carta e fece scorrere i fogli.

La sua domanda, la firma.... niente di anorm...quella scritta, non l'aveva notata subito.
Si asciugò il sudore che aveva ripreso a scorrere e lesse...
"Adatta per la collezione"

... dove l'aveva letta questa frase? Sì... ora ricordava.
Sgranò gli occhi e lasciò cadere in terra i fogli.
L'aveva letta a casa.
Era giunta a suo marito mesi fa e la stessa era arrivata a lei, la stessa.
Questo poteva significare solo una cosa.

TIC TIC TIC!

Il rumore si fece più forte e lei capiì.
Posò lo sguardò sullo specchietto retrovisore e fece in tempo solo a vedere gli occhi e una lama.
Poi perse il respiro.
Non ebbe neanche il tempo di gridare, o pensare, o di chiedere perdono.






La portiera posteriore della macchina si aprì.
Una figura non molto alta ne uscì tenendo tra le mani una sacca blu.
Indossava una tuta da ginnastica e delle scarpe di gomma bianca e viola.
Aprì il lato del guidatore, spense la macchina, prese le chiavi e i fogli ora scarlatti controllando che non ne mancasse nessuno.
Si guardò intorno e vide il carroattrezzi giallo uscire dal garage ed avvicinarsi all'auto della giovane donna.
Chiuse tutto, mise la chiave sul tettuccio e si avviò verso lo stabile senza guardarsi indietro.

Aprì il portone, salì le scale ed attraversò il corridoio illuminato.
Bussò una volta alla porta a vetri ed entrò senza attendere risposta.

L'uomo di prima stava seduto al di là della scrivania.
Dava le spalle alla porta e guardava fuori dalla finestra.

<<Allora?>> Chiese incrociandosi le mani.

<<Femmina, rossa, con trucco sbavato>> Rispose l'altro lentamente, stava sudando.

<<Logico, ha sudato un bel po'... ci sarà da lavorare... e i fogli?>>

<<Ho tutto. La sacca, lei, e i fogli... si sono macchiati... li aveva tirati fuori in macchina>>

<<Fa niente. Posi tutto in terra. Il suo compito è terminato. A breve verrà contattato da uno dei nostri collaboratori.>>

<<Io ho fatto tutto quello che mi avete chiesto, ma, prenderà in considerazione la mia richiesta? Ho bisogno di questo lavoro!>>
<<Certamente mio caro, la sua richiesta è stata accettata, verrete contattato a breve. Non si preoccupi. Ora posi tutto e vada via. E ... inutile che le ricordi di non parlare con nessuno di questa faccenda>>

<<Certamente Signore. Attendo una vostra chimata allora, grazie>>
Il giovane posò tutto quello che aveva raccolto in terra, lasciò il coltellaccio sulla sacca, per non macchiare il pavimento ed uscì.

L'uomo seduto alla scrivania si girò, si alzò ed osservò i resti della nuova dipendente lì... in terra.
Alzò il telefono: <<Sono io. Abbiamo una nuova entrata, femmina, rossa, mandami qualcuno al più presto... l'odore sta diventando acre.
E mandami quella giovane bionda, dille che c'è un altro lavoretto da fare prima d'accettare la sua richiesta."

Chiuse il telefono, si voltò nuovamente guardando fuori dalla finestra.
Vide il giovane in tuta, per strada, stava percorrendo la via lentamente, come gli era stato ordinato.

L'uomo seduto sulla sedia iniziò a ridere.
<<Grazie a Lei signore... grazie a lei>>

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