Visualizzazione post con etichetta Pensieri e Follie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pensieri e Follie. Mostra tutti i post

venerdì 6 aprile 2012

Il poeta e il pendolo

Il pendolo rintoccò la mezza nella grande sala, la luce rossa del camino la illuminava rendendola più ospitale di quello che era nella realtà.
Il poeta si era assopito sul suo scrittoio vicino ad una finestra aperta, penna ancora alla mano, la candela consumata e quel foglio che causa un soffio di vento volò via raggiungendo il pavimento freddo.
Quel foglio invecchiato e quelle parole nere che quasi parlavano da sole.
Fuori il mare sembrava intonare un'antica melodia celtica e il pendolo faceva d'accompagno...
Di li a poco quelle parole presero vita da se...

Ormai al tramonto, con il cielo arancio intenso e il mare che si stava pian piano alzando, la giovane restava in silenzio guardando l'orizzonte infinito e le onde infrangersi contro le scogliere poco lontane.
Era vestita a festa e l'abito lungo da sera si era quasi del tutto bagnato, i capelli dorati avevano abbandonato l'acconciatura elegante ed ora erano liberi d'ondeggiare a ritmo del vento delle onde e del pendolo.
Tra le mani stringeva la sua maschera di diamanti, un ricordo della festa appena passata, chiuse gli occhi e rimase in ascolto ed in attesa.
Un pastore sulla collina alle sue spalle portò il suo bestiame verso prati più verdi e dei bambini in lontananza ridevano, forse rincorrendosi e nascondendosi tra gli alberi in fiore.

La spiaggia dove lei stava, però, era deserta.
Rimase con gli occhi chiusi, ondeggiò lievemnete la testa e intonò la canzone del marinaio che divenne uomo sognando il mare:

Un vecchio su una spiaggia
Al tramonto
Scruta l’orizzonte
Con i venti che gli investono il volto
Isola scossa dalle tempeste
Tutte le stagioni allo stesso modo
Ancoraggio non verniciato
E una nave senza nome

Mare senza un litorale per il bandito inascoltato
Egli accende il faro, luce alla fine del mondo
Mostrando la via accendendo la speranza nei cuori
Di coloro che sono di ritorno da lontano

Questa è una a lungo dimenticata
Luce alla fine del mondo
L’orizzonte piange
Le lacrime che egli ha lasciato indietro tanto tempo fa

L’albatro vola
Facendolo sognare ad occhi aperti
Del tempo prima che diventasse
Uno dei dispersi del mondo
Principessa nella torre

Bambini nei campi
La vita gli ha dato tutto
Un’isola dell’universo.
Ora il suo amore è un ricordo
Un fantasma nella nebbia
Egli sistema le vele un’ultima volta
Dicendo addio al mondo
Ancora nell’acqua
Il fondo marino lontano laggiù
Erba ancora tra i suoi piedi
E un sorriso sotto la sua fronte
Questa è una a lungo dimenticata
Luce alla fine del mondo
L’orizzonte piange
Le lacrime che egli ha lasciato indietro tanto tempo fa”

Di li a poco un gruppo di cavalli selvaggi avrebbe galoppato sul bagnoasciuga raggiungendo un bosco situato oltre la spiaggia, solo un cavallo sarebbe rimasto, il cavallo che lei stava aspettando da così tanto tempo.
Aprì gli occhi e lo vide, la maschera gli scivolò dalle mani e finì in acqua, ma lei non ci badò.
Guardava il puledro, guardava oltre il puledro, i suoi occhi si riempirono di lacrime e il suo cuore iniziò a battere come se fosse stata la prima volta, come se non avesse mai battuto sino a quel momento...

Il pendolo rintoccò l'una e il poeta fu scosso da un brivido freddo che quasi cadde dalla sua postazione d'artista.
Si svegliò dal suo sonno e raccolse velocemente il suo scritto da terra.
Aprì del tutto la finestra e fu in quel momento che li vide.
Vide il cavallo che aveva descritto sul suo foglio, vide la fanciulla con l'abito da festa e vide l'uomo che le stava prendendo le mani.
Vide tutto con i suoi occhi, non era più la sua immaginazione, ma i suoi occhi.
Li vide distintamente, li sulla spiaggia.
Vide due maschere che galleggiavano sull'acqua, vide l'uomo abbracciare la ragazza, accarezzarle i capelli mentre il mare si ingrossava sempre di più.
Sentì i loro battiti andare all'unisono e capì che la fanciulla stava attendendo solo questo.
Niente navi, niente tempeste...solo due cuori in un battito solo, costante e forte.
Il mare si stava ingrossando sempre più , la sabbia trasportata dal vento coprì la visuale dei giovani innamorati e la finestra si chiuse con un colpo secco.

Il poeta trasalì svegliandosi di soprassalto, si alzò dalla sedia, raccolse il suo scritto dal pavimento, osservò la candela ormai spenta, e la finestra semiaperta.
Guardò fuori... niente tempesta di sabbia, niente giovani innamorati, niente cavalli.
Solo il mare, le onde e quella musica celtica che risuonava in lontananza ricordando ballate in maschera, cavalcate sulla spiaggia e amori immortali.

Realtà o finzione? Basta poco per far credere ciò che non è, e nascondere ciò che è.
Basta poco per sognare ad occhi aperti e far sognare in un sogno reale.
In fondo il Sogno e la Realtà cosa sono? ...
Posso dirti che la realtà che sto vivendo adesso è quella che ho sempre Sognato e tu sei l'uomo che sorregge questo mio sogno, che lo nutre e lo rende vivo.
Si per me questo non è solo uno scritto, ma è pura realtà.

Un lavoro particolare

 Il ventilatore acceso faceva girare le sue eliche a velocità moderata muovendo l'aria fresca della stanza.
Lei se ne stava seduta su una sedia di legno ben rifinita.
Aveva indosso il suo abito migliore, dal taglio elegante e scuro, i capelli ramati erano raccolti in un'acconciatura curata, aveva lasciato appositamente qualche ciocca libera, così da contornarle meglio il viso bianco e leggermente truccato.

Se ne stava lì, su quella sedia ad attendere.

La porta alle sue spalle si aprì, lei rimase immobile, irrigidendo la schiena e tenendo le braccia lungo il busto, facendo cadere le mani fine sulle ginocchia.

L'uomo che le si presentò davanti era giovane e dall'aspetto curato.
Si sedette al di là della scrivania, proprio di fronte a lei ed iniziò a leggere ciò che c'era scritto su dei fogli lasciati lì in precedenza.
Non aprì bocca, neanche la guardò.

Seduta su quella sedia la giovane donna non riusciva a restar ferma, il piede destro iniziò a battere velocemente sul parquet, il corpo si trasformò pian piano in una lastra di marmo.
Le mani si avvicinarono l'una con l'altra stringendosi quasi in preghiera, gli occhi chiari cominciarono a chiudersi ed aprirsi con più frequenza.
Il sudore freddo iniziò a scorrerle lungo la schiena.

L'uomo se ne stava lì, seduto sulla sua sedia di pelle, in silenzio, con gli occhi bassi continuò a leggere muovendo impercettibilmente le labbra.
Lei sospirò lentamente, le mani, sempre più giunte, presero un colore scarlatto.
Continuò a guardare oltre quella scrivania, speranzosa.
Il giovane d'un tratto abbandonò i fogli e con uno scatto si mise in piedi facendo cadere all'indietro la sedia.
Il tonfo fece sobbalzare la ragazza, che rimanse sempre seduta al suo posto, composta ed ansiosa.

L'uomo la guardò, prese i fogli, scostò la sedia con la gamba sinistra e si avviò verso la porta, senza dire nulla.

La porta si chiuse facendo tremare il vetro smerigliato che le era stato impiantato.

Lei rimase lì, seduta su quella sedia, immobile.
Abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi ed iniziò a respirare a bocca aperta, deglutì più volte e si asciugò la fronte con la mano.
Si tirò sù continuando ad ansiamare, girò la testa a destra, a sinistra... era uno studio come tanti.
Libri, infiniti dvd, cancelleria, locandine artistiche, tutto sembrava nella norma, non doveva temere, dopo tutto aveva passato un mese di selezione spietata, ora che si trovava ad un passo dalla risposta non poteva di certo cedere a causa dell'ansia.

Le spalle si distesero e poggiò la schiena dolorante sullo schienale, allentò le mani sudate e rosse e la vide... un taglio sul palmo della mano sinistra, ancora non cicatrizzato del tutto. L'accarezzò con le dita, era ruvida e non pulsava più.
Dietro la porta alle sue spalle un ombra e un rumore... forse un respiro.
Lei chiuse a pugno la mano e guardò la finestra che le stava davanti, ciò che vedeva erano i fumi della città e il crepuscono.

Ora si era calmata un po'.

Oltre la porta un rumore, qualcuno stava battendo qualcosa sul vetro della porta?
La ragazza non osò girarsi... trattenne il respiro, cose se in quel modo potesse ascoltare meglio ciò che stava accadendo, si sitrinse nuovamente le mani, lanciò uno sguardo alla borsa lasciata a terra, al suo fianco e attese....una strana sensazione scese in quella stanza così normale.

Il picchiettare continuò, un suono metallico contro un vetro troppo poco resistente.
Era insopportabile.
La giovane avrebbe voluto coprirsi le orecchie, ma non lo fece, era impietrita.

Il picchiettare divenne più intenso e veloce e terminò di scatto.
Lentamente la maniglia d'ottone scattò.
La porta si aprì silenziosa e qualcuno fece ingresso nello studio, in silenzio.

Lei continò a guardare la finestra mordendosi il labbro inferiore, facendo penetrare le unghie sul dorso delle mani, era all'erta.

La porta si chiude. La stanza rimase immersa nel silenzio. Lei non riuscì a vedere dal vetro chi fosse, ma riuscì a sentire la sua presenza.
I passi erano lenti, regolari. Riuscì a sentire la suola delle scarpe di gomma, come se fossero scarpe ginniche, le sentiva stridere al contatto con il legno.
.
Dietro di lei qualcuno.
Una mano si poggiò sulla sua spalla sinistra facendola sobbalzare, ma rimase immobile, ad osservare la città.

‎La stretta della mano sulla spalla della ragazza divenne più lieve sino ad allentarsi.
Il respiro del suo ospite era quasi impercettibile.
Poi sentì il rumore delle suole, questa volta più veloci e più lontane.
Lei rimase seduta, scostò un po' il volto, ma non vide nessuno al suo fianco.

Sospirò, sollevata.

Nuovi passi fecero ingresso nella stanza. Erano più pesanti e più distinti, ora lo potè vedere.

L'uomo che pochi minuti prima era uscito coni fogli in mano, ora le stava nuovamente davanti.
Questa volta sorrideva.

Raccolse la sedia, ma rimase in piedi.
Buttò sulla scrivania una cartellina di carta giallo sbiadito.

Si schiarì la voce e finalmente parlò: << Signorina, la sua richiesta è stata accettata e sarà presa in considerazione da uno dei nostri migliori collaboratori.
Per ora è tutto. Questa è la vostra richiesta firmata e controfirmata.
Qualcuno dello studio si farà vivo il prima possibile. Detto questo le auguro una buona giornata>>

L'uomo non attese la giovane alzarsi. Disse quelle poche parole e si diresse verso l'ingresso dello studio e scomparve.
La ragazza rimase lì. Ancora seduta, ora più rilassata. Le spalle non più rigide.
Mosse lentamente i piedi intorpiditi, poi allungò un po' le ginocchia e si alzò stirandosi la schiena.
Fuori le luci della strada si erano già accese e il sole quasi scomparso.

La giovane si riavvivò i capelli ramati, imprigionati tra forcine, elastici e lacca; prese la cartella da sopra la scrivania e la borsa lasciata a terra.
Uscì chiudendo la porta a vetri alle spalle.

Percorse velocemente il lungo corridoio dalle pareti scarlatte e tappezzate di locandine e foto, non rimase un minuto di più a contemplarle, come fece al suo arrivo. Scese le scale dello stabile e finalmente raggiunse il portone d'ingresso.

Salutò cordialmente il portiere seduto oltre il banco di marmo, lui ricambiò con un movimento lento della mano e tornò alla visione del suo film.

Si trovò sul marciapiede. L'aria era più umida fuori.
Un gruppo di ragazzi stava leggendo gli annunci sulla bacheca posta fuori dallo stabile.

Lei sorrise amaramente e strinse forte a se la richiesta accettata e firmata.
Era felice. Finalmente aveva un lavoro.
Guardò tristemente l'asfalto, finalmente aveva un lavoro... dopo tutto quello che aveva fatto per ottenerlo.
Mise la cartellina nella borsa e percorse velocemente la via cercando le chiavi dentro la borsa.
I tacchi risuonavano vuoti sull'asfalto scuro.

Fece scattare l'apertura automatizzata ed entrò.
Sospirò più volte, pianse.
Abbassò lo specchietto di cortesia e si guardò, una donna dagli occhi chiari e lucidi, il trucco colato e la fronte sudata.

Poi vide la fotografia, la prese con mano tremante, sì erano stati felici, molto felici, ma ora la vita le stava dando una nuova opportunità, un opportunità che lui non ha voluto cogliere per causa sua.

Accese la macchina, abbassò il finestrino, accarezzò la foto e la buttò fuori dall'abitacolo.

Ora iniziava una nuova vita. Sospirò e rimase ferma, con la macchina in moto e gli occhi chiusi.

TIC TIC TIC TIC!

Nuovamente quel rumore... il metallo e il vetro... le raggelò il sangue.
Aprì gli occhi.
Il rumore continò, qualcuno stava battendo una chiave forse ,sul finestrino posteriore.

TIC TIC TIC!

Inziò a sudare nuovamente, ma questa volta non era tensione, o ansia, ma terrore.
Aveva già sentito questo rumore e sapeva alla perfezione il suo significato, l'aveva provocato anche lei mesi prima.
Non si capacitava come fosse possibile, aveva la lettera nella borsa, l'aveva vista, l'aveva letta?
No!


Aprì immediatamente la borsa e prese la cartella, strappò la carta e fece scorrere i fogli.

La sua domanda, la firma.... niente di anorm...quella scritta, non l'aveva notata subito.
Si asciugò il sudore che aveva ripreso a scorrere e lesse...
"Adatta per la collezione"

... dove l'aveva letta questa frase? Sì... ora ricordava.
Sgranò gli occhi e lasciò cadere in terra i fogli.
L'aveva letta a casa.
Era giunta a suo marito mesi fa e la stessa era arrivata a lei, la stessa.
Questo poteva significare solo una cosa.

TIC TIC TIC!

Il rumore si fece più forte e lei capiì.
Posò lo sguardò sullo specchietto retrovisore e fece in tempo solo a vedere gli occhi e una lama.
Poi perse il respiro.
Non ebbe neanche il tempo di gridare, o pensare, o di chiedere perdono.






La portiera posteriore della macchina si aprì.
Una figura non molto alta ne uscì tenendo tra le mani una sacca blu.
Indossava una tuta da ginnastica e delle scarpe di gomma bianca e viola.
Aprì il lato del guidatore, spense la macchina, prese le chiavi e i fogli ora scarlatti controllando che non ne mancasse nessuno.
Si guardò intorno e vide il carroattrezzi giallo uscire dal garage ed avvicinarsi all'auto della giovane donna.
Chiuse tutto, mise la chiave sul tettuccio e si avviò verso lo stabile senza guardarsi indietro.

Aprì il portone, salì le scale ed attraversò il corridoio illuminato.
Bussò una volta alla porta a vetri ed entrò senza attendere risposta.

L'uomo di prima stava seduto al di là della scrivania.
Dava le spalle alla porta e guardava fuori dalla finestra.

<<Allora?>> Chiese incrociandosi le mani.

<<Femmina, rossa, con trucco sbavato>> Rispose l'altro lentamente, stava sudando.

<<Logico, ha sudato un bel po'... ci sarà da lavorare... e i fogli?>>

<<Ho tutto. La sacca, lei, e i fogli... si sono macchiati... li aveva tirati fuori in macchina>>

<<Fa niente. Posi tutto in terra. Il suo compito è terminato. A breve verrà contattato da uno dei nostri collaboratori.>>

<<Io ho fatto tutto quello che mi avete chiesto, ma, prenderà in considerazione la mia richiesta? Ho bisogno di questo lavoro!>>
<<Certamente mio caro, la sua richiesta è stata accettata, verrete contattato a breve. Non si preoccupi. Ora posi tutto e vada via. E ... inutile che le ricordi di non parlare con nessuno di questa faccenda>>

<<Certamente Signore. Attendo una vostra chimata allora, grazie>>
Il giovane posò tutto quello che aveva raccolto in terra, lasciò il coltellaccio sulla sacca, per non macchiare il pavimento ed uscì.

L'uomo seduto alla scrivania si girò, si alzò ed osservò i resti della nuova dipendente lì... in terra.
Alzò il telefono: <<Sono io. Abbiamo una nuova entrata, femmina, rossa, mandami qualcuno al più presto... l'odore sta diventando acre.
E mandami quella giovane bionda, dille che c'è un altro lavoretto da fare prima d'accettare la sua richiesta."

Chiuse il telefono, si voltò nuovamente guardando fuori dalla finestra.
Vide il giovane in tuta, per strada, stava percorrendo la via lentamente, come gli era stato ordinato.

L'uomo seduto sulla sedia iniziò a ridere.
<<Grazie a Lei signore... grazie a lei>>

martedì 3 aprile 2012

Anima di carta

Quel che io vedo è un gabbiano, si lascia trasportare dal vento che lentamente si è alzato.
Intorno a me non vi è nessuno. O almeno non riesco a percepire nessun suono riconducibile ad un movimento o una voce umana.
Quel che riesco a vedere è solo quel gabbiano bianco, le sue piume e l'immensità di un cielo dal colore vermiglio.
La sabbia mi scompiglia un po', i suoi granelli chiari giocano intorno a me.
Da questa posizione riesco a vederli bene. Sono minuscoli e al sole brillano come tanti piccoli diamanti grezzi.
Le stelle del mare.
E' affascinante pensare che questi piccoli granelli, insieme, riescono a formare l'immensa vastità che chiamiamo spiagge o deserto.
Rivolgo nuovamente lo sguardo verso il cielo, il gabbiano è andato via, quel che mi rimane è solo un cielo infuocato e caldo.
Non posso muovermi più di tanto. Il vento riesce a voltarmi un po', ma nella posizione in cui sto non riesco a sistemarmi.
Il muretto a secco che sta proprio sotto di me inizia ad indolenzirmi.
Non riesco a voltarmi.

Perché sono arrivato fin qui? Su questo muretto grigio ed impolverato? Proprio ai piedi di una spiaggia bianca e di un mare limpido?
Non lo so...
Ricordo solo che lei amava il mare, mi portava spesso ed insieme ammiravamo il tramonto.
Non riusciva a staccarsi da quell'orizzonte cangiante, non riusciva a staccarsi da quel profumo intenso che ormai conosco bene.
Non riusciva a staccarsi neanche da me, fino a quel giorno.

Quel giorno faceva incredibilmente freddo. Il vento era alto e lei, come sempre, mi portava con se.
Ci fermammo sulla spiaggia, come sempre.
L'orizzonte era scuro ed il sole spento.
Mi guardò, mi accarezzò come faceva sempre, mi baciò e mi lasciò lì... su quella spiaggia umida ed impervia.
Quel giorno guardai il tramonto in solitudine.
I giorni seguenti cambiai posizione più e più volte, certe volte per colpa del vento, altre volte perchè qualcuno mi scansava con aria annoiata.

Non l'ho più rivista.

Ora sto qui.
Un altro giorno è trascorso, in solitudine.
spero solo che non piova, piangerei nero se accadesse.

Passi!!!
Sento dei passi, sono lenti, cadenzati, ma sono passi!

Si sono fermati...

Cosa vedo?!
Occhi verdi come la foresta dell'isola che ho narrato tante volte... delle lentiggini, una bocca rosea e dei capelli che si confondono con il olore del cielo al tramonto.

Mi sorride, mi parla,  ma sono troppo stanco per comprendere ciò che dice.
Mi prende...
Aaaaah! Finalmente!!!
Ecco... mi sistema, mi pulisce lasciando cadere i granelli di sabbia nascosta, mi scuote un po'...
Che sollievo!
Mi accarezza.
Mi stringe forte a se... riesco a sentire il suo cuore che batte.
Se avessi un organo così, sono convinto che avrebbe lo stesso suono e la stessa velocità... ora.

Stiamo andando via, saluto con l'ultimo sguardo quella spiaggia e mi lascio cullare dalla sua andatura.

Mi sveglio al caldo.
La visuale è migliore di quella dei giorni passati.
E' una camera rosa, da qui vedo un letto pieno di cuscini e animali di tutte le razze e dimensioni, vicino al letto c'è una sedia vuota.

Poi la porta si chiude con un tonfo.
Sono in due.
La donna dai capelli del fuoco e gli occhi smeraldo e una bambina dai capelli ramati.
La piccola prende posto sul letto, la donna le rimbocca le coperte, poi viene verso di me.
Mi guarda, mi accarezza e mi prende con delicatezza.
Toglie delicatamente i granelli si sabbia incrostata e insieme andiamo verso il letto.

Si siede sulla sedia e mi poggia sulle gambe.
La luce della lampada è forte, ma riesco ad abituarmici.
La donna mi scopre ed inizia la sua lettura con voce alta.
Da qui riesco a vedere la bambina che ascolta entusiasta, occhi sgranati, orecchie ben aperte e un sorriso.

"Parte prima - Il vecchio filibustiere.
Capitolo 1: Il vecchio lupo di mare all'Ammiraglio Benbow.
Sollecitato dal conte Tralawney, dal dottore Livesey e dal resto della brigata di scrivere la storia della nostra avventura all'Isola del tesoro con tutti i suoi particolari, nessuno escluso..."


Non posso dire che tutti i libri possano cambiare il mondo, ma qualche volta un piccolo miracolo accade.
Sei solo un tomo di carta, con una copertina disegnata e tanti fogli all'interno, ma se ciò che custodisci è potente, il piccolo libro può trasformarsi in una chiave per il cuore del lettore o dell'ascoltatore, una chiave che può aprire porte nascoste.

Certi fanno ragionare, altri ti fanno cambiare idea, io personalmente sono riuscito a far viaggiare e sognare.
Il cuore era quello giusto e dopo 15 anni, da quella sera, riesco ancora a far brillare gli occhi della non più bambina, dai capelli ramati.

lunedì 2 aprile 2012

Il villaggio

La donna se ne stava sdraiata sulla terra umida.
Era una notte come tante lì in quel villaggio.
Dalle capanne uscivano vapori di una cucina estinta.
I fuochi in prossimità delle piccole piazze di terra erano accesi e i più anziani se ne stavano lì, con occhi sognanti e voce potente a raccontare ai più giovani fiabe antiche.
Questi ultimi ascoltavano rapiti e le loro menti riuscirono a viaggiare nel tempo e nello spazio, abbandonando anche per pochi istanti quella triste realtà.

La donna se ne stava sdraiata e guardava le stelle.
Intanto le villaggio gli uomini cantavano e le donne danzavano intorno al fuoco intermittente e caldo.
Intorno a quel villaggio la foresta se ne stava in silenzio, nascondendo tra i suoi rami e le sue piante misteri secolari tanto bramati.

La donna se ne stava sdraiata e con la mano si accarezzava il ventre.
Dei cani iniziarono ad abbaiare ad un movimento troppo evidente di un cespuglio.
Un bambino iniziò a piangere, se ne stava in terra, con le mani nel fango.
Qualcuno lo andò a riprendere e lo portò in una capanna, lì in quel villaggio.

La donna se ne stava sdraiata, la creatura scalciò.
Delle giovani stavano cercando di cucinare del riso in una pentolaccia di rame.
Un ragazzo se ne stava al di là della radura, al di là del villaggio, sene stava su un albero e guardava l'orizzonte.
Un uomo robusto stava rientrando, portava con se una succulenta cena.

La donna se ne stava sdraiata, con gli occhi fissi in cielo, accarezzandosi il ventre... la creatura scalciò di nuovo.
Qualcosa si mosse dietro di lei.
Il vento fece sospirare gli alberi.
La luna continuava a splendere lì.

Grida, risate, racconti, mistero... movimenti soavi, il volteggiare delle foglie, il profumo dei fiori, il richiamo degli abitanti della foresta...la vita nella vita.

La donna se ne stava sdraiata, con gli occhi fissi in cielo, guardava le stelle, ma i suoi sogni andavano oltre gli astri splendenti, oltre le nuvole, oltre la luna... i suoi sogni andavano oltre quel villaggio, quella radura... i suoi sogni viaggiavano più veloci del giaguaro, forse anche più veloci del tempo...

La donna se ne stava sdraiata, con gli occhi fissi in cielo, la creatura si mosse di nuovo e la donna iniziò a piangere.
Se ne stava lì, sdraiata.

Una donna bellissima, dai lineamenti perfetti, la pelle morbida e giovane, gli occhi color dell'ambra e i capelli lunghi neri.
Una donna dalla pelle scura, profumata e lucente,
Una donna scalza, dagli abiti di un tessuto fine e colorato.

Una donna se ne stava sdraiata, con gli occhi fissi in cielo, trattenne il respiro e continuò a piangere, si accarezzò il ventre e sognò un futuro migliore per la sua famiglia, per lei, per il suo bambino che sarebbe nato e per quell'uomo, sconosciuto che gli diede in dono quel seme che ora stava germogliando, dentro di lei...
Pensò che forse il suo bambino sarebbe nato come lui, con gli occhi chiari e la pelle bianca come le nuvole.

Sperò in un futuro migliore.... dove il suo bambino non fosse stato preso di mira per il suo colore di pelle, dove il suo bambino non avrebbe dovuto percorrere chilometri solo per trasportare l'acqua al villaggio, dove il suo bambino non avrebbe pianto perchè aveva ancora fame, dove il suo bambino non avrebbe lavorato sino a spezzarsi la schiena, dove il suo bambino non doveva aver paura del proprio padre e dove non poteva temere quello che anche lui era... un uomo.

Tra questi sogni e queste speranze la donna si addormentò, custodendo dentro di se il segreto, facendosi asciugare dal vento le sue lacrime, facendo ora scorrere quei suoi sogni, così lontani dalla sua realtà.

Intanto nel villaggio la vita proseguì.
Gli anziani terminarono le loro storie e i bambini si addormentarono nelle braccia delle loro madri.
Gli uomini si riposarono le membra stanche, dopo un'intera giornata di duro lavoro.
I cani smisero di abbaiare.
Il villaggio aveva terminato il pasto.

La vita proseguì.
I fuochi si erano estinti e le danze terminate.

Ora il villaggio dormiva, sognava un futuro più roseo, più prospero per tutti.

La foresta sospirò e lasciò sognare in pace i suoi abitanti... dopo tutto, tutti hanno il diritto di sperare.

L'eternità

Il vento soffiava da nord e portava con se il gelo delle montagne.
Le nuvole si muovevano lente, si trasformavano, altre scomparivano semplicemente.
In quel gelido giorno la vallata brillava e si muoveva seguendo gli sbuffi del cielo, una musica in lontananza, proveniente dai boschi, riempiva le pause di quel paesaggio... lupi, erano quelle creature a produrla.
Una melodia soave, penetrante, antica  come quella terra.
Un'aquila cantava di leggende terrene librandosi in cielo, lasciandosi trasportare dal vento, proseguendo il suo viaggio verso i monti.
Il sole con calma si stava spegnendo in quella parte di mondo, e apriva le porte alla bellezza inebriante delle tenebre, alla lucentezza della luna e allo splendore delle stelle.

Il maniero sulla scogliera dormiva ancora, tutto era buio al suo interno, assopito in sogni immortali.
No, non è il maniero che forse avete in mente.
Non vi troverete porte che cigolano, angoli bui e terrificanti. Niente cantine con mostri e soffitte con fantasmi.
Qui i lupi non ululano per farvi paura, ma cantano per darvi il benvenuto, qui i gatti non portano sventura, ma sono di buon auspicio.
Qui l'unica cosa terrificante è l'eternità.

Il sole si è spento, lasciando il cielo dipinto da sfumature rossastre.

Qualcosa si è mosso dentro il maniero. Un ombra lenta, scura.
Le finestre si aprono lasciando così entrare la vita.

Un uomo all'interno di quelle mura spoglie. Giovane in apparenza.
Si muove da una stanza all'altra aprendo le imposte e sospirando ogni volta.
Scende le scale ed entra nel salone.

Ci vollero alcuni minuti prima che la legna umida prendesse fuoco, ma dopo ciò la stanza si illuminò.
Il fuoco nel camino danzava qualcosa di orientale.
L'uomo rimase ad ammirarlo, ipnotizzato, ammaliato, rapito da quanta bellezza potesse custodire una piccola fiamma.
Un rumore improvviso lo distolse dal suo sognare e lo riportò alla realtà.
Qualcuno stava graffiando la porta d'ingresso. No, non bussando, bensì graffiando.
Nel suo sguardo guizzò una luce di speranza e a passo deciso uscì dal salone.

Intanto il fuoco continuò ad ardere ed illuminare... illuminare anche le mensole, anche i ritratti, anche le foto, anche quella foto... di quella donna bella, radiosa, giovane.

L'uomo tornò nel salotto e si guardò allo specchio.
Capelli neri, occhi giri brillanti, corporatura media, sorriso triste.
Si sistemò alla meglio la camicia bianca e i pantaloni neri... sì ora poteva andare.

Percorse quasi correndo il corridoio e spalancò la porta: "Finalmente!!! Pensavo non saresti più giunta, prego accomodati, ho preparato tutto nella veranda".

Così dicendo si avviò verso la parte sud della casa, attraversò il salotto e aprì la porta finestra che dava sulla veranda tutta in legno.

Delle candele e dei lumi ad olio erano state accuratamente posizionate intorno a dei cuscini soffici adagiati sul parquet.

Guardò il mare che ancora custodiva le pennellate calde del sole al tramonto e guardò il cielo illuminarsi pian piano da piccoli lumi d'argento.

Sospirò.

Fece accomodare la sua ospite sui cuscini soffici, l'accarezzò dolcemente e rientrò in salotto.

Si avvicinò alle mensole dove stava il ritratto della giovane donna, l'osservo nostalgico, per poi prendere un vecchio diario dalla copertina in pelle scura, logora e si diresse nuovamente verso la veranda.

L'uomo si sedette al fianco della sua ospite, aprì il diario ed iniziò a narrare:

"Vi era a principio una piccola dimora sul mare, questa era lontana da tutto ciò che un uomo potesse immaginare o volere. Infatti non vi erano negozi, ne strade, ne taverne... ma solo uno splendido mare ed un bosco poco distante. Vi erano poi due giovani innamorati che stanchi della vita cittadina, decisero di ricercare la casa perfetta... e trovarono questa piccola dimora vicina al mare, dove la notte si potevano ammirare le stelle senza problemi.
Decisero così di sistemarla e arredarla a loro piacimento. Dopo mesi di duro lavoro la piccola dimora si trasformò nella loro casa perfetta.
Vissero momenti felici e giorni difficili, insieme. La loro vita trascorreva beata.
Un giorno però qualcosa cambiò.
La giovane innamorata era stanca di restare in casa e così decise di andare a fare una lunga passeggiata per il bosco.
Quel giorno il sole splendeva alto e il cielo era di un azzurro senza nuvole.
La giovane decise così, per cambiare, di prendere il sentiero civilizzato. Quello utilizzato dai cittadini che vogliono fingere di amare la terra e percorrono quei sentieri solo per distruggerla.
Bene, così la giovane prese quel sentiero...
Intanto il suo amato la stava attendendo con ansia a casa, ma quando vide che non tornava decise di andarla a cercare, percorrendo tutte le strade da lui conosciute, arrampicandosi sugli alberi, gridando il suo nome, ma per quanto i suoi sforzi furono tanti non riuscì a trovarla.


Sconsolato si rannicchiò nei pressi di un albero, asciugandosi sudore e lacrime, quando da un cespuglio uscì un lupo tutto bianco.
Lui a principio si spaventò, ma sapeva che non doveva scappare, così cercò di farselo amico chiamandolo, allungando lentamente un braccio e aprendo la mano.
Il lupo gli si avvicinò senza esitazione e il giovane vide sul manto bianco della creatura una macchia vermiglia, fresca.
Balzò in piedi e il lupo iniziò a percorrere una strada, il giovane, senza comprendere, lo seguì.
l sentiero si aprì in una radura e lì la vide.
Corse e l'abbracciò. Gli occhi della sua amata erano aperti, terrorizzati, il suo corpo fermo, disteso a terra, sporco di fango e sangue.
Un paletto di legno le era stato conficcato nel cuore che aveva smesso di battere.
Un messaggio su un foglio rovinato, vicino al corpo: MORTE A COLORO CHE NON CURANTI VIVONO NELL'OMBRA, MORTE A COLORO CHE ABITANO EMARGINATI E SI ADDENTRANO NEI BOSCHI COME SPIRITI MALIGNI, MORTE A COLORO CHE RISPETTANO QUESTA TERRA PIU' DEL GENERE UMANO, MORTE A COLORO CHE VENERANO LA NOTTE.


Il giovane era terrorizzato, arrabbiato e si sentì tradito.
Si sentì tradito dalla sua stessa razza, dai suoi stessi simili, si sentì diverso da tutti.
Il lupo era rimasto lì, lo osservava a distanza.
Il giovane innamorato tolse il paletto dal cuore della sua amata, le chiuse gli occhi e raccolse quanti più fiori poteva, cospargendoli intorno al corpo.


Attese la notte e bruciò il corpo, piangendo, stringendo tra le mani il foglio.


Da quella notte il giovane non abbandonò più quel luogo, quei boschi, quella casa.
Iniziò ad uscire sopratutto di notte.
Sfogò la sua rabbia e placò la sua fame con i viaggiatori che avevano la sfortuna di passare per quei sentieri.


Divenne un adulatore della notte e un amante della terra.


Quel giorno firmò la sua condanna e scrisse la parola eternità sul suo petto, vicino al suo cuore."

L'uomo terminò di leggere, le lacrime scorrevano lente e silenziose.
Guardò la sua ospite, si era accoccolata sulle sue ginocchia, ma non stava dormendo. Aveva ascoltato la storia, attenta ad ogni dettaglio.

L'uomo l'accarezzò amabilmente, chiuse il diario e si alzò. Guardò le stelle e poi il mare ora divenuto scuro e amaramente sorrise.
Sospirò e disse: "Avanti, è ora di cena... a San Lorenzo la spiaggia si anima di poveri uomini speranzosi in un futuro più promettente. Probabile che qualche incauto esploratore prenda un sentiero nel bosco, dai... andiamo amica mia"

Detto questo si avviò verso l'ingresso.
La lupa, rimasta in ascolto, si alzò sulle sue quattro zampe, si stiracchiò un attimo e ravvivò il manto scuotendolo con forza per poi trottare verso il suo giovane amico.

La porta si chiuse alle loro spalle.

Il fuoco del camino continuò a danzare, la veranda rimase illuminata dalle piccole candele e i fogli del vecchio diario si mossero al vento.

In lontananza un grido, poi la quiete.